Maggio 2003

Invito alla strage (20/5/2003)
Il pluriomicida Enzo Salvatore Brusca è colpevole di 7 omicidi, anche efferati, si è pentito e dopo 6 anni di carcere è agli arresti domiciliari. La vicenda insegna che non conviene ammazzare il coniuge o il vicino di casa: meglio fare una strage per qualche organizzazione e poi "pentirsi".

Inspiegabile (2/5/2003)
L'artista non sa spiegare la sua arte. L'amante non sa spiegare il suo amore. Il credente non sa spiegare la sua fede. Sappiamo spiegare solo ciò che ha poca importanza.

Manifestazioni di massa (1/5/2003)
Ogni manifestazione di massa, non importa in nome di chi e perchè viene fatta, è sempre intrinsecamente totalitaria.

Democrazia americana?
"I democratici del parlamento texano si sono rifugiati in un albergo dell'Oklahoma per sfuggire ai ranger che volevano riportarli con la forza in aula. La clamorosa protesta dei 50 parlamentari ha l'obiettivo di evitare, facendo mancare il quorum, l'approvazione di una nuova legge elettorale, proposta dalla maggioranza repubblicana, che penalizzerebbe pesantemente i democratici.
Lo scontro è tale che gli uomini del partito di George W. Bush, ispirandosi all'Iraq, hanno fatto stampare un mazzo di carte con le foto dei deputati ribelli. Al posto di Saddam Hussein, come asso di picche, è riprodotto l'asinello, il simbolo del Democratic Party.
Gli aventiniani a stelle e striscie hanno ottenuto l'appoggio di uno dei texani più famosi, il cantante country Willie Nelson, che ha inviato loro casse di whisky e bandane rosse (come quelle usate dallo stesso Wilson), oltre ad un messaggio che li incita a resistere.
Per il momento i mitici ranger sono riusciti ad arrestare e a ricondurre in aula solo la deputata Helen Giddings che non era riuscita a fuggire in Oklahoma. Questo si che si chiama ostruzionismo."
(da Il Secolo XIX, 16/05/2003 I ribelli del Texas)

E' questa la democrazia che vogliamo esportare in Iraq?

Tabaccai e Usa

Come mai la stampa benpensante si scandalizza dei tabaccai che aggrediscono gli aggressori? I tabaccai fanno solo in piccolo quello che gli Usa stanno facendo in modo industriale....o no?

Fantaguerra - Sei ragioni per non farla
Cosa potrebbe fare Saddam in caso di attacco americano? L'opinione generale sembra vedere gli iracheni nella difesa disperata delle loro frontiere. Questa risposta è probabile ma la fantasìa può inventare altri scenari, non allettanti, ma nemmeno impossibili. Scenari che sono altrettante argomentazioni sulla necessità di NON fare alcuna guerra.

  1. La tattica del judo e della Russia
    Nella prima fase gli attaccanti radono al suolo un centinaio di siti e fanno 20/30.000 morti fra i civili, con bombardamenti aerei. A quel punto gli attaccanti passano sugli obiettivi urbani, radendo al suolo 3/4 città, e facendo un milione di morti. Oppure, visto che la prima ipotesi sarebbe poco popolare, gli Usa devono entrare nell'Iraq via terra. Si tratta di 250.000 soldati che devono avanzare fronteggiando le ostilità di 50 milioni di iraqeni praticamente tutti in armi. E' la tattica usata dalla Russia per sconfiggere Napoleone e Hitler.
  1. Contrattacco sul suolo degli alleati.
    Non è scritto da nessuna parte che l'Iraq debba solo difendersi. Di fronte a un attacco, avrebbe anche la legittimazione del contrattacco. Il quale può avvenire per via aerea sulle capitali vicine, non tanto dell'area (per evitare che l'alleanza degli Usa si estenda) quanto in Europa o addirittura negli Usa. In Europa sono alla portata iraqena obiettivi come Italia, Spagna e Inghilterra per citare i paesi più filo-americani. Sarà arduo per la NATO o le forze alleate intercettare pochi velivoli che dall'Iraq arrivino a sorvolare il Mediterraneo. Oppure aerei che abbiano basi d'appoggio in Algeria, o in Libia, Paesi musulmani che non amano certo l'Occidente. Ma se fossi Saddam avrei in questi mesi portato via nave alcuni caccia e relativi rifornimenti su qualche isola dei Caraibi o magari nel Venezuela. Dopo i primi attacchi sulle città iraqene, lancerei gli aerei kamikaze su Miami, Houston, New Orleans ed altre città del Golfo del Messico. Dieci aerei ben attrezzati possono fare un mezzo milione di morti.
  1. Operazioni kamikaze nelle capitali.
    In alternativa o in aggiunta alle tattiche sopra descritte, se fossi Saddam avrei preparato in questi mesi cellule di militanti in tutte le principali città occidentali. Cellule terroristiche pronte a colpire non tanto obiettivi umani, che renderebbero impopolare e insostenibile la difesa da parte dei pacifisti, ma siti nevralgici. Aeroporti, centrali energetiche, trasporti, comunicazioni colpiti adeguatamente creerebbero più danni di qualche bomba su un metro'.
  1. Telematica.
    I pakistani ed i russi (magari anche ceceni) sono fra i maggiori esperti di software del mondo. E sono musulmani. Cosa impedisce di pensare che la fantaguerra sia combattuta anche per via telematica? Con costi irrisori, dieci hackers musulmani esperti, possono ostacolare le comunicazioni ed i sistemi d'arma statunitensi; mettere in ginocchio i sistemi info-telematici dei paesi occidentali; gettare nel caos gli Usa. E' vero che anche gli Usa sono bravi nelle tecnologie telematiche, ma è vero anche che nei sistemi complessi l'attacco è molto più facile della difesa. Difendere la rete telematica occidentale contro eventuali attacchi telematici è assi più difficile che trovarne i buchi. Chi conosce Microsoft e l'inefficienza Usa (mostrata tragicamente l'11-9) , può capire la vulnerabilità dell'Occidente.
  1. Armi chimiche, biologiche e atomiche.
    Nessuno puo' oggi dire se Saddam abbia o no armi chimiche, biologiche o atomiche di distruzione di massa. Il fatto è che se nessuno "va a vedere il bluff" l'Iraq è costretto a non usare le armi che ha. Se invece viene fatto un attacco a Saddam con la motivazione che detiene queste armi, allora nessuno potrà trattenere l'Iraq dall'usarle. Sarebbe tragico constatare gli gli Usa avevano ragione sperimentando un'atomica su Israele, oppure uno spruzzata di gas nervino o di germi su Roma o Londra. D'altronde, cosa tratterrebbe un dittatore perdente e disperato dal ricorso all'arma finale?
  1. La posta della vita.
    Molti nostri ragionamenti sulla guerra hanno il limite, fra gli altri, di dare alla vita un valore tutto "cristiano". Per noi è importante la vita terrena del singolo, cui attribuiamo un valore in sè, solitamente superiore ad ogni altro. La stessa cosa non vale per l'Islam. In quella civilizzazione, anche senza arrivare ai kamikaze, la vita terrena è subordinata a quella celeste. La morte è vista con familiarità e benevolenza. La situazione è simile a quella di giocatori di poker che hanno diversi redditi. Se uno ha un reddito molto maggiore di un altro, a parità di bravura, avrà anche una disinvoltura nel gioco che deriva dall'attribuire ai soldi un valore inferiore. Il più povero perderà sicuramente. L'Occidente è quello che da alla vita un valore più alto, quindi sarà più prudente nel rischiarla. L'Islam assegna alla vita un valore minore, quindi sarà più disposto a metterla in gioco. Se poi pensiamo a Saddam Hussein, diventa evidente la risibilità dlle proporste di "esilio". Queste adrebbero bene per un giovane capo di un Paese occidentale, ma Saddam dalla morte ha solo da guadagnare un posto nella storia islamica, che peraltro, se non fosse stato per gli usa, non avrebbe mai avuto.
Lettera al direttore ....in attesa dell'attacco all'Iraq
Il mio amico Giorgio Siepe è, fra le persone che conosco, quella che amo di più. Lo amo anche più di molti parenti. Ci frequentiamo dall'infanzia e da allora non ha mai smesso di affascinarmi, di farmi ridere e sognare, di farmi sentire parte della sua vita avventurosa e insieme drammatica. Non che sia senza difetti, tutt'altro. E' un misto di autoritarismo e di ribellione, di quelli che fanno paura quando è in posizione di forza, ma che sono ammirevoli quando sono in posizione di debolezza, perchè non si sottomettono mai. E' diretto fino alla volgarità, ma anche incapace del perbenismo farisaico che pesa su di me e la mia famiglia. E' un po'Achille e un po' Brancaleone, un misto di ritualità teatrale e di irruenza e semplicità contadina. Non è molto riflessivo o sensibile o consapevole, per cui evito di parlare con lui di cose serie ma è un perfetto compagno di bevute e di gaudenti weekend, un fidato sostegno per molte "questioni di mondo", e una conoscenza avere la quale fa invidia a molti. E' sanguigno, passionale fino alla violenza, ma anche romantico e pronto a stare dalla parte di un amico. E' benestante, anzi ricco, un po' di famiglia e un po' per merito suo. Non ho mai capito bene che lavoro fa, anche se ogni tanto parla delle sue "imprese finanziarie". Quando gli chiedo chiarimenti risponde :"Affari", con un ammiccamento che mi ha fatto spesso pensare alla sottintesa inesistenza del confine fra legalità e illegalità.

Abbiamo passato praticamente una vita insieme. Per cui gli episodi che rafforzano il mio amore per lui (non so in verità quanto corrisposto) sono infiniti. Non posso dimenticare, per esempio, l'inizio della nostra amicizia. Un rapinatore mi aveva puntato un coltello alla gola ed era incerto fra il derubarmi e lo sgozzarmi. Giorgio mi ha salvato, buttandosi sul malvivente con tutte le sue forze. In verità non lo fece solo per me. Poco prima il rapinatore l'aveva tramortito e gli aveva strappato il portafogli, ma non posso fare a meno di essergli ugualmente grato, tanto più che nella lotta si ruppe entrambe le gambe. Da allora divenne l'eroe mio e della mia famiglia, e lo è tuttora anche se, in tutti questi anni, non si può dire che non ne abbia approfittato. Inviti a cena mai ricambiati, prestiti mai restituiti, qualche confidenza di troppo con mia sorella: insomma Giorgio è di quelli che non riesci a non amare, anche se non stimi fino in fondo. La sua idea di amicizia è che io e molti altri lo adoriamo, e lui in cambio ci frequentarci. Nel farlo però è grandioso, e sono molti quelli che invidiano la sua cerchia di intimi. Ci ha guidato in safari per tutta l'Africa; spesso ci travolge in vacanze insieme faticose ed entusiasmanti; divide con noi i biglietti gratuiti - che non ho mai capito come ottiene- ai migliori spettacoli della città. Ogni tanto ci invita a feste, cene e parties in cui lui è l'ospite d'onore. Ci dà consigli o ci chiede favori cui è difficile dire di no. Per esempio, dal fatto della rapina, si è fatto dare la nostra casa al mare per ristabilirsi, ed ora (sono passati un sacco di anni) la considera sua, al punto che praticamente non possiamo più metterci piede. Anni fa ci chiese di tenergli nel nostro grande giardino alcune macchine agricole "per qualche tempo", e sono ancora lì con un vai e vieni di operai che vengono a tenerle in buono stato. Il suo modo di pensare è semplice, anche se non è ignorante: per lui prima si agisce e poi si discute; i buoni si riconoscono al volo e i cattivi vanno punti in ogni modo; chi non è con noi è contro di noi. Uno psicologo una volta gli disse che aveva un "ego oceanico" e lui per tutta risposta non pagò la visita.

In tutti questi anni ci siamo frequentati assiduamente, e ogni volta che mi ha chiesto un aiuto concreto o una semplice solidarietà morale, non riuscito a dire di no. Anche quando si trovò coinvolto in una rissa con un lontano conoscente che a suo dire, maltrattava un vicino. Andò a casa dei due e pesto' il "colpevole" lasciandolo in stato penoso. Forse non l'ho ancora detto, ma Giorgio è alto, forte e muscoloso, una roccia: ha fatto il militare nei parà e si tiene in forma con ogni sport possibile.

Qualche tempo dopo si mise a perseguitare un tale che a suo dire "aveva idee intollerabili" e minacciava i coinquilini: fra risse, pestaggi, agguati, lettere minatorie, cause e vendette incrociate, la cosa durò un'eternità. L'altro ne uscì malissimo, ma anche Giorgio ebbe parecchi fastidi economici, fisici ed affettivi: in quel periodo suo figlio se ne andò di casa per solidarietà coll'odiato antagonista del padre. Ma Giorgio non ha mai avuto un tentennamento: è convinto di avere ragione, e con le buone (è generoso, va detto) o con le cattive, gli piace che le cose vadano come gli sembra meglio. E' sinceramente sorpreso quando trova qualcuno che non condivide le sue idee ed il suo modo di vivere. In tutti questi dissidi lui ha voluto che io e tutta la sua cerchia di amici, amanti (piace molto alle donne), e parenti, manifestassimo piena adesione e solidarietà alle sue iniziative. Spesso abbiamo anche concretamente partecipato, ostacolando la carriera, rovinando un affare, o provocando piccoli danni alle proprietà di qualche nemico di Giorgio. Quando uno del giro si permise di dire che forse era il caso per Giorgio, di riflettere sulle sua possibili responsabilità, il nostro eroe gli ha tolto il saluto, lo ha minacciato di vendicarsi e ci ha chiesto di non invitarlo più alle nostre feste. Noi l'abbiamo fatto: ve l'ho detto che non so, non sappiamo dirgli di no. Fra l'altro si mormora che in qualche caso Giorgio abbia effettivamente fatto ritorsioni su amici che considerava infedeli. Non necessariamente fisiche, ma di tipo economico, facilitando il fallimento di un'impresa; o sentimentale, impedendo un matrimonio. Però a noi non piace indagare troppo su questi dettagli. Amiamo Giorgio, lo ammiriamo, e ci piace quando ci fa sentire suoi amici.

Ora però è successo un fatto molto grave. Qualcuno ha dato fuoco alla casa di Giorgio e nell'incendio sono morti il vecchio padre, da anni invalido, la sorella vedova ed il piccolo figlio di questa di nove anni, unico amato nipotino di Giorgio. Comprensibilmente il nostro eroe è sconvolto dal dolore, ma dice a tutti di essere certo che il colpevole è il fratello di uno dei tanti che in questi anni hanno avuto a che fare (per "affari") con Giorgio. I fatti non sono tanto chiari, né sulla dinamica dell'incendio, né sul presunto colpevole. Tuttavia Giorgio giura di essere certo di quello che dice per avere ricevuto a suo tempo lettere minatorie dalla persona in questione, per avere saputo da un lontano amico comune che giravano voci su un'ipotesi di vendetta verso Giorgio, per avere sentito da un amico poliziotto che il sospetto da anni frequenta la malavita e più volte è stato accusato di essere un piromane. Insomma, sembra proprio che sia chiaro chi è il responsabile della strage e del dolore di Giorgio. La cosa è già tristissima in sé, ma ora c'è la parte peggiore. Da una settimana Giorgio compra armi e si allena al poligono. Ha chiesto a due o tre noti picchiatori di pedinare i parenti del sospettato, per intimidirlo e per arrivare a sapere dove si nasconde. Ieri ci ha chiesto di allenarci anche noi al poligono per andare la prossima settimana a casa del sospettato a prenderlo "vivo o morto" , punendo nel contempo tutti i familiari che ne proteggessero la clandestinità. Paolo e sua moglie sembra che non vedessero l'ora. Hanno subito tirato fuori un enorme fucile da caccia e un arpione subacqueo dicendo che non hanno bisogno di allenarsi perché sono armi che usano ogni domenica. I figli di Federica, la convivente di Giorgio, si sono presentati alla riunione con mazze da baseball e scarpe chiodate dicendo che avevano già "strizzato" un po' le due nipoti del sospettato, loro compagne di scuola. Altri amici hanno giurato di essere pronti a fare giustizia, appena Giorgio lo chiede.

Mia moglie, mia madre ed io vogliamo bene a Giorgio, come se fosse un fratello o un figlio, ma siamo cattolici e buoni cittadini: crediamo nel valore della vita e nella giustizia pubblica, non privata. Pensiamo che non avremo più il coraggio di parlare ai nostri figli (che ora hanno solo 8 e 10 anni, quindi non sono stati coinvolti da Giorgio) del valore della vita e della giustizia, se assecondiamo il nostro amico amatissimo. Ci siamo anche detti che essere veri amici significa dirsi quello che si pensa e aiutarsi a vicenda a non sbagliare. Poi ci siamo detti che "giustiziare" il colpevole innescherà una faida interfamiliare di quelle che siamo abituati a vedere solo in certi paesi della Calabria. Infine abbiamo, fra noi, ventilato l'ipotesi delle conseguenze, nel caso in cui si venisse a scoprire che l'indiziato non c'entra. Nessuna di queste cose abbiamo tuttavia avuto il coraggio di dirla in pubblico, a tutta la cerchia di amici, né tantomeno a Giorgio, in privato. Sappiamo che dirle significa essere messi al bando da tutti, magari anche assimilati da Giorgio ad amici del piromane. Sappiamo che tutto il quartiere direbbe che, se non stiamo con Giorgio- avendo per anni goduto della sua amicizia- significa che vogliamo coprire il colpevole, e che siamo una famiglia di vigliacchi. A scuola i nostri figli rischiano di essere sbeffeggiati ed emarginati e sul lavoro mia moglie ed io potremmo dire addio alla carriera: i nostri datori di lavoro sono amici della famiglia di Giorgio (per la verità è lui che ci ha aiutato a trovare il lavoro).

Da una settimana io e mia miglie non dormiamo, non usciamo di casa, e i bambini - che fino a giorni fa giocavano col nipotino di Giorgio- hanno gli incubi e piangono! Egregio direttore, Lei che è persona tanto colta e sensibile, ci dia un consiglio, ma al più presto, La prego ! Giorgio ha detto che entro una settimana al massimo………


Un affezionato lettore che non firma
per i motivi che Lei comprenderà