La società trasparente di Guido Contessa*
RELAZIONE PRESENTATA AL XIX CONGRESSO DEGLI PSICOLOGI ITALIANI, URBINO, SETTEMBRE 1981, Edizioni SIPs, CLUEB, Bologna, 1983.

Gli ultimi dieci anni di cambiamenti hanno avuto lo effetto della sabbia mossa su un fondale marino. L’acqua azzurra si è intorbidita, gli scogli aguzzi sono scomparsi alla vista, nuotarvici è difficile perché non si riesce ad orientarsi.
La società, come il mare, ha perso la sua trasparenza, in parte per l’inquinamento, in parte per i sommovimenti del fondale.
Molti sono disperati, altri confusi, alcuni traggono profitto dall’opacità; ma non mancano neppure coloro che lavorano per riprodurre una nuova trasparenza
Costoro cercano di riordinare le idee, pensando, leggendo, ascoltando le leggende di vecchi pescatori. Scrutando l’orizzonte ed annusando il vento, affiorano alcune intuizioni insieme a vecchi ricordi.
La società trasparente è quella che si lascia guardare dentro e si lascia attraversare; non è chiusa come una cassa e vischiosa come un barile di colla. E’ un gran de contenitori di vita, colori, sapori: conviventi ma distinti; la sua unità ed identità consiste nel contenere tutte le varietà possibili, senza espungerne alcuna.
La società trasparente è una società che nutre ma non distrugge; nutre ma si fa nutrire da ciascuno, dotandolo così di senso e di valore. La società trasparente è fluida, in continuo cambiamento: in essa la vita cresce e si trasforma, mediante un ordine che prevede ed accetta anche il disordine.

1. Diagnosi, intervento e progetto: la cultura della transizione, il modello S.O.P. e il potere come possibile

La cultura della società vischiosa è anche la cultura dell’adattamento e del sogno. Di fronte ad una realtà che, non piace, molti reagiscono con la rassegnazione del quotidiano, appena confortata dal sogno di un cambiamento. Nei fatti concreti ognuno prende la realtà come è e lotta per sopravvivere, affidando i propri obiettivi alla sorte, a Dio, alle catastrofi, all’Apocalisse o ad una Rivoluzione sempre in attesa di nascere. L’impotenza individuale diventa impotenza collettiva, oppure nel sogno si trasforma in onnipotenza. A volte si rifugge dal porsi obiettivi, a volte si pongono obiettivi irrealizzabili, a volte ancora non si fa nulla per raggiungere gli obiettivi conclamati.
L
a cultura della società trasparente è la cultura della transizione, del cambiamento progettato e perseguito.
Avere una cultura della transizione significa avere una strada che unisce due punti: quello dove siamo ora e quello dove vogliamo arrivare. La società italiana oggi, ha bisogno di realizzare il "modello S.O.P.". Il Modello S.O.P. è la sigla della cultura della transizione.
"S" sta per situazione. Analizzare, diagnosticare la situazione in cui siamo, è il punto di partenza. Si tratta di un lavoro difficile, spesso impietoso, perché sempre noi facciamo parte della situazione in cui siamo.
Di fronte ad esso presentiamo le più dure difese: negare la situazione, leggerla in modo distorto o parziale, trasformarla a nostro piacere, oppure enfatizzare l’analisi fino a farne un monumento di giustificazioni e di immobilismo.
"O" sta per obiettivo. Scegliere un obiettivo ha a che fare con la speranza e l’energia, ma anche col realismo. E’ qualcosa che richiede una capacità d’amore, che è anche capacità di perdere l’amore.
Molti si difendono dal progetto e dall’obiettivo per paura di perderlo. Scegliendo un obiettivo utopico e ucronico, quindi irraggiungibile, ci si mette al riparo dal rischio di dover lottare per esso; e ci si giustifica a priori in caso di fallimento.
Nell’ultimo ventennio la ribalta nazionale è stata percorsa da una alternanza di farse e drammi, tutti imperniati sulla difesa dalla diagnosi o sulla difesa dal progetto.
Ci sono tuttavia state alcune eccezioni nelle quali la situazione è stata giustamente analizzata e l’obiettivo è stato posto con realismo. E’ il caso di molte leggi dello Stato, fallite per l’assenza di una cultura della transizione.
"P" sta per piano o programma. Fare un piano vuol dire allacciare la situazione all’obiettivo, cioè cambiare concretamente.
Programmare i gradini, giorno per giorno, prevedendo e concatenando gli effetti delle azioni, attuando le decisioni, significa avere una cultura della transizione.
Anche quando si è riusciti a stabilire un "da dove" e un "per dove", ci si è sempre dimenticati di delineare il "come"
Trasparente è la società che "fa passare" lo sguardo: dove si vedono e si contano i passi dalla situazione all’obiettivo.
La cultura della transizione è legata alla cultura del potere, inteso non come dominio, ma come potenziale e possibile. Dove il potere è dominio, la transizione non è consentita: è proibita, negata o dimenticata.
Dove il potere è inteso come possibilità, solo la transizione ne garantisce la messa in atto.

2. Cultura di gruppo e pluralismo: singolare e plurale, parzialità e totalità

Una società trasparente è una società plurale, senza barriere nè separazioni. Il pluralismo non ha tende nè separè; la cultura di gruppo è una totalità, nel senso che comprende tutto.
Qualcuno interpreta questa visione del gruppo come tensione alla fusione, alla omogeneità, al conformismo. Ma queste sono proprie della società opaca e della cultura singolare. E’ il singolare, omogeneo e conformista con se stesso, che si fonde e implode in sè. La cultura del singolare è quella che "tiene fuori" ed esclude le differenze; la parzialità non è che una fuga dalla differenza.
Altri affermano che la parzialità e la singolarità sono la base dello scambio, e questo è il regno della differenza. Accettare questa visione, significa dimenticare che ogni scambio presuppone un linguaggio, un simbolo: la totalità, la cultura di gruppo precedono lo scambio, ne sono anzi la condizione.
Singolare e parzialità sono opachi, omogeneizzanti, negatori delle differenze; plurale e totalità sono trasparenti, perchè si basano sulla differenza.
La cultura di gruppo è la cultura della totalità delle differenze.
Solo la cultura di gruppo ed il pluralismo sono il territorio del soggetto. La cultura singolare e della parzialità sono il territorio dell’oggetto. Paradossalmente l’oggetto è singolare, parziale, denso ed opaco; il soggetto è plurale, totale, fluido e trasparente.

3. Società assistenziale e qualità della vita: la società nutrice e vampiro; la felicità fra pubblico e privato

Gli anni Sessanta sono passati all’insegna del mito del Welfare State. Un’ipotesi (forse niente più che un’ipotesi) di uno Stato che si fa carico dei cittadini dalla culla alla tomba. Dopo decenni di Stato del malessere, il modello nordico è sembrato a molti un obiettivo appetibile, almeno in sostituzione di un’improbabile rivoluzione.
Dal Sessanta al Settanta abbiamo avuto avvisaglie di una società assistenziale, materna e nutritiva.
La quantità della vita è migliorata: si sono estesi la durata, i consumi, lo spazio. Ma sulla qualità, tutti stanno avendo dubbi.
Lo Stato vampiro e la società giungla sfruttano l’uomo, colpiscono il debole, mercificano i rapporti ed alienano le masse. In cambio offrono un modesto ma chiaro vantaggio: presentano chiaramente la faccia cattiva, facili tane la distinzione fra amico e nemico, si offrono come poli d’attrazione dell‘aggressività.
Lo Stato-nutrice e la società-culla proteggono contro le disavventure, rassicurano, avvolgono, seducono. In cambio presentano degli svantaggi: infantilizzano i cittadini, li colpevolizzano, li portano a vivere una mancanza di senso e di valore. La società bonificata dalle sue aspirazioni assistenziali, diventa maleficio per la vita degli assistiti.
Sta diventando sempre più evidente che il vampirismo e la nutritività sono due maschere dello stesso personaggio. Sia l'assistenzialismo che la voracità dello Stato privano i soggetti di valore e di senso e abbassano i livelli di qualità della vita.
Soggetti privati di senso e valore, ne vanno alla ricerca attraverso la violenza, magari spettacolarizzata dai mass-media. Una società assistenziale rifiuta che il cittadino assista a ciò che avviene nel suo cuore, rendendosi opaca, perdendo trasparenza.
Qualità della vita significa soddisfazione, gioia, felicità.
Nell’ottica della società assistenziale la felicità deriva dal pubblico, il privato è cattivo perciò porta infelicità. Pubblico dovrebbe essere ciò che appartiene a tutti, privato ciò che è sottratto a tutti. Nel ventennio 1960-1980 il pubblico (governo, enti locali, aziende, servizi) è stato sottratto alla comunità da ceti e gruppi dominanti, diventando privato. Il privato (sessualità, sentimenti, sogni, bisogni) è stato spesso reso comune: cioè è diventato spesso pubblico. La felicità si è persa in questo labirinto, come un sentimento sempre "altrove".
Essa sta cercando di trovare un luogo comune per apparire; una piazza, una chiesa, una balera. Ma il luogo "comune" presuppone una cultura di gruppo, un plurale-totale, una società nè pubblica nè privata, nè nutrice nè vampiro: forse una comunità trasparente.

4. Creatività, devianza e sviluppo: il simbolo, il diavolo e il metabolismo; ordine e disordine

La società trasparente favorisce la vita, cresce, si sviluppa. La sua vita è plurale, ha un destino ma anche una libertà; la sua necessità è di essere anche sottoposta al caso. Lo sviluppo di una simile società procede per deroghe, deviazioni, dirottamenti, violazioni, trasgressioni. La creatività è un modo diverso (divergente) di svilupparsi.
Una società basata sul pluralismo è radicata nella diversità e, dunque, si sviluppa creativamente. Il suo metabolismo procede dal simbolico al diabolico. Simbolo è ciò che rappresenta la totalità, la convergenza. Nella cultura di gruppo il simbolo contiene già la differenza, la devianza creativa. In molti casi a questa differenza deviante e trasgressiva si assegnano connotati diabolici. Il simbolo è ciò che "mette insieme", il diavolo è ciò che "mette contro", ma senza di esso quale metabolismo, trasformazione, transizione sono possibili?
Il diabolico è la devianza, la differenza, la diversità, ma anche il divertimento. La trasgressione è creatività; la divergenza è festa; il motto di spirito è divertente, perchè devia. C’è insomma un aspetto vitale e festivo nel cambiamento, insieme ad un aspetto diabolico.
La società trasparente è quella in cui ci sono la festa ed il diavolo, l’Es "poltergheist" ed il Super o pubblico ufficiale; è la società basata sulla cultura del la transizione e del gruppo; è la comunità dello scambio.
Questa pluralità è insieme ordine e disordine: ordine disordinato e disordine ordinato. La società opaca è quella in cui il disordine è la catastrofe dell’ordine, oppure l’ordine è il congelamento del disordine. Nella società trasparente, plurale e totale, transizionale, simbolica e diabolica, pubblica e privata, centro di scambi, luogo delle differenze, l’ordine è’ il disordine.

*Estratto da ANIMAZIONE SOCIALE, N.40, luglio-agosto 1981, pag. 9-13